La Pace è il dono del Risorto, è l’aspirazione di ogni uomo e donna che viene al mondo. Pace, cioè armonia con se stessi, con Dio, coi fratelli e sorelle in umanità al di là delle etnie, delle religioni, del colore della pelle e con il creato. “Vi dono la mia pace, non come la dà il mondo” (Gv.14,27).
Come cristiani siamo responsabili di questo dono fatto all’umanità e di conseguenza siamo impegnati a essere operatori di pace in ogni ambito della nostra vita.
Sr Attilia Bario, NSA, ci rende partecipi di cammini di riconciliazione in Costa d’Avorio, dove la ferita di lotte e violenze è ancora aperta e per questo in tanti (cristiani, musulmani, ex ribelli) vivono e annunciano la “Non violenza evangelica”, perché credono che Dio trasforma i cuori e dona la pace.
Se avessimo scoperto l’Amore del Padre unico per ciascuno di noi, non potremmo continuare ad essere violenti, ma vivremmo la nostra identità profonda di essere figli del Padre, fratelli e sorelle di Cristo, abitati dallo Spirito Santo, capaci di amare e di vivere la fraternità verso ogni uomo e donna che incontriamo. Capaci di perdono che libera l’altro dal male che lo abita, perché attraverso il mio perdono possa cogliere l’immenso amore del Padre. Qui, in Costa D’Avorio, ho sperimentato la bellezza dell’incontrarsi e lasciarsi incontrare, ho visto la gioia quando un giovane battezzato ti chiede di impegnarsi perché anche i suoi amici che non conoscono ancora Gesù possano scoprirlo.
Denunciare un’ingiustizia, dire la verità, è l’arma dei non violenti. E poi, analizzare l’ingiustizia, cercarne le cause e le conseguenze, capire chi ne trae beneficio e chi la sostiene, partendo dalle vittime e sapendo riconoscere le nostre complicità, se non altro col nostro silenzio, nel rispetto assoluto della persona che commette l’ingiustizia. Si, perché spesso facciamo confusione tra la persona che fa il male e il male in se stesso. Il male è sempre da condannare, ma la persona è sempre da salvare, da liberare dal male per risvegliare la sua coscienza profonda al bene che è in lei. Far scoprire la capacità che abbiamo in noi di dire no a ogni tipo di violenza, verbale, fisica, psicologica, è una bella missione!
Ho potuto vivere questa forte esperienza nelle prigioni con le persone recluse, trasformando questo tempo di reclusione in un tempo di grazia. Un tempo per fare la verità sulla propria vita e ricucire la relazione con Dio, con se stessi e con gli altri. Abbiamo fatto percorsi di riconciliazione con i carcerati. Insieme abbiamo riflettuto, pregato, per liberare il cuore dal desiderio di vendetta, anche se il corpo doveva subire ancora anni di “reclusione”. Ci sono stati dei giovani che mi hanno detto: “Sorella, io ringrazio ogni giorno il Signore di essere qui in prigione, perché se fossi restato fuori non avrei conosciuto Dio e la sua misericordia, avrei continuato la mia vita distruttiva”.
Un giovane funzionario accusato ingiustamente e liberato dopo pochi mesi mi confidava che questa esperienza gli aveva aperto gli occhi sulla realtà dei detenuti, e un anno dopo è ritornato per offrire un pranzo di festa a tutti i carcerati.
È la Parola che mantiene la speranza sempre viva in quanti si impegnano per la pace e la giustizia. “Dio è alla guida” una parola spesso sulle labbra degli ivoriani di fronte alle situazioni dure e ingiuste. È la certezza che il Signore cammina con noi, soffre con noi, in noi, ogni volta che siamo umiliati, torturati, accusati ingiustamente, abusati, disprezzati, sfruttati… ci dà la forza di lottare, di rialzarci perché sappiamo che “Dio che cammina con noi, rovescia il trono dei potenti e innalza gli umili”.
Qualche mese fa visitando Marus, un giovane portatore di handicap motoria, che si guadagna da vivere riparando ventilatori, mi ha fatto scoprire tutto il traffico di ragazzine che arrivano dai paesi limitrofi, alle quali persone senza scrupoli promettono lavoro e guadagni. Alcune giovani, quando capiscono che il lavoro promesso è la prostituzione, rifiutano. La sua ONG le aiuta a tirarle fuori dal giro e a ripartire.
Lavoriamo anche e soprattutto nelle scuole. Quest’anno, per abituarci alla “non violenza evangelica”, promuoviamo incontri seguendo il metodo del “dado interreligioso” per la pace e invitiamo tutti, amministrazione, professori, e ogni classe dei diversi livelli a Giocare col Dado Interreligioso di LIVING PEACE INTERNATIONAL. Ogni mattina si lancia il dado: ognuno, grande o piccolo che sia, si impegna ad essere protagonista nel mettere in pratica la frase riportata sulla faccia del dado. Ogni realtà è differente, come lo è anche la cultura, la religione di appartenenza e l’età dei partecipanti. Ma per tutti è un momento che educa a gesti concreti di pace e di riconciliazione. E i frutti si vedono!