I Martiri dell’Algeria sono 19 e hanno dato la loro vita per restare vicini a questo popolo in un tempo di violenza e sopruso. Tra loro ricordiamo due suore NSA: Bibiane e Angèle-Marie.
I loro scritti e le tante testimonianze della gente ci confermano la loro scelta di vita. Così come anche la realtà di una piccola Chiesa, incerta, fragile ma sempre creativa, che è ancora oggi la chiesa in Algeria, conferma di voler seguire queste stesse orme d’amore. Anche oggi le suore NSA in Algeria continuano a vivere l’esempio di questi martiri, scegliendo il dialogo, la prossimità, l’accoglienza e la fraternità con tutti. Sr Sandra Catapano, dall’Algeria ci trasmette la sua esperienza raccontandoci più da vicino l’esempio di alcuni di questi Martiri e la testimonianza della gente comune che incontrano le suore nella loro missione.
Le nostre due suore NSA, Martiri e ora Beate per la chiesa universale, sono un esempio luminoso per noi, nel loro amore alla popolazione algerina e nella loro grande fede.
Sr Bibiane, negli anni del terrorismo quando era ad Algeri, con altre due sorelle al servizio della formazione delle donne, si chiedeva: “come scorgere l’opera dello Spirito Santo in una Algeria insanguinata da lotte fratricide?” Eppure le sue parole risuonano forti della capacità di vedere Dio negli altri. Scriveva in una delle sue ultime lettere: “la Sua luce (di Dio) mi aiuta a scorgere le meraviglie che si nascondono nelle solidarietà, nelle generosità, nel coraggio Si, lo Spirito è là nei cuori, che lavora…”
Sr Angèle-Marie, nel periodo di insicurezza, quando la comunità doveva discernere se partire o restare in una Algeria martoriata dall’accecamento fratricida di terroristi, scriveva: “Non dobbiamo aver paura. Dobbiamo solamente vivere bene il momento presente…Il resto non ci appartiene. Scelgo di restare per testimoniare Gesù ed essere una fiammella di speranza per la gente. Non ho paura perché sono con Lui e con la Santa Vergine”.
Il Signore attrae a sé, nell’intimità, tante anime e dona loro di contemplare a occhi aperti il Mistero. Sono certa che il martire, monaco e Abate di Tibehrine Christian De Chergé ha avuto questo dono: la coscienza di un Dio Padre delle moltitudini, oltre le appartenenze religiose, perché tutti ha creato e tutti ama. Il suo testamento ne è una prova: “Venuto il momento, vorrei poter avere quell’attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e nello stesso tempo di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in Paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due. Amen! Inch’Allah.”
Se noi cristiani siamo veramente radicati in Cristo Gesù, se Lui è il nostro tesoro, allora capiremo e condivideremo le scelte di tanti missionari, sacerdoti, religiose e laici che, anche oggi, in ogni parte del mondo decidono di “restare”, accanto ai popoli come fossero ai piedi di Gesù. Così il martire Mons. Claverie, Vescovo di Orano, sosteneva chi soffriva in Algeria durante il terrorismo: “La Chiesa adempie la sua vocazione e la sua missione quando è presente nelle divisioni che crocifiggono l’umanità nella sua carne e nella sua unità. Siamo qui in Algeria come al capezzale di un amico, di un fratello malato, in silenzio, stringendogli la mano, asciugandogli la fronte.”
La Chiesa d’Algeria, chiamata a ricentrarsi in Gesù per restare fedele alla sua vocazione di essere una “porta aperta”, dona speranza e getta ponti di comunicazione e collaborazione con tutti. Vedo la sua fedeltà a costruire la fraternità tra credenti, collaborando con i musulmani. Vedo Faycal, un focolarino musulmano all’ufficio diocesano sempre sorridente e sollecito ai bisogni di tutti, a servizio dell’unità con i cristiani. Vedo Hamida, un amico sempre presente negli avvenimenti culturali e religiosi per condividere la gioia della nostra comunità, e il sig. Mohammed, direttore di un laboratorio di analisi, gioioso di aiutare con noi, i poveri. La Fraternità tra credenti non è forse la ricompensa del Regno?
E infine, ci sono anche i musulmani “discepoli-missionari”. È il caso di H. un amico infermiere, particolarmente dedito al bene dei malati, che è profondamente musulmano e che vive le Beatitudini: si trova spesso ad accompagnare le suore che arrivano in ospedale con gli anziani…ma non è ben visto dai suoi! A volte deriso o richiamato dal direttore, è costretto a dare prova della sua fede musulmana. Dio conosce il cuore di quest’uomo profondamente animato dall’amore e lo rende testimone tra i suoi…
Che anche noi possiamo essere sempre più testimoni del Signore nel quotidiano della nostra vita!