La comunità delle suore NSA di Milano ha avuto la gioia di accogliere Mons. Jean Paul Vesco, Arcivescovo di Algeri per qualche giorno. Le suore che hanno lavorato in Algeria lo conoscono da tempo, è stato infatti per anni Vescovo di Orano, la città dove sorge la comunità NSA e dove negli anni ’90 è stato ucciso il Vescovo di allora Mons Pierre Claverie. Anche ad Algeri stessa avevamo una comunità, dove due suore, Marie-Angèle e Bibiane, sono state uccise. In tutto i Martiri d’Algeria sono 19. Senza contare le centinaia di algerini che hanno perso la vita in quel ‘decennio nero’.
Mons. Jean Paul è uno dei ventuno nuovi cardinali che saranno creati da papa Francesco il 7 dicembre prossimo. La sua amicizia è un dono che scalda il cuore e che si spera di poter nutrire con altri incontri nei prossimi anni! In questi giorni è in visita nella comunità NSA di Bardello: un’occasione per ritrovare i volti conosciuti delle suore che hanno lavorato tanti anni in Algeria.
Il quotidiano Avvenire ha intervistato il futuro Cardinale. Riportiamo alcuni estratti dell’intervista gentilmente condivisa con noi.
Sessantadue anni, originario di Lione, è arcivescovo di Algeri dalla fine del 2021 dopo aver guidato la diocesi di Orano. Vive in un Paese dove l’islam è religione di Stato e dove la sfida è quella di «costruire la fraternità: cristiani e musulmani insieme» spiega Mons Jean Paul. Come richiama la basilica di Nostra Signora d’Africa che dalla cima del promontorio a nord di Algeri abbraccia il mar Mediterraneo e custodisce un’invocazione alla Madonna che è come un ponte oltre le differenze: “Nostra Signora d’Africa, prega per noi e per i musulmani”. «Ogni anno i visitatori sono 350mila e il 98% è musulmano. Consideriamola pure una chiesa dell’incontro. Condividendo lo spazio sacro, teniamo aperta la porta a quella parte del mistero che è vicinanza all’altro distante da noi e a un Dio che si mostra nel volto del prossimo, chiunque esso sia».
Ha dedicato la sua ultima Lettera pastorale alla fraternità. È la missione della Chiesa in Nord Africa?
«La fraternità è lo stile con cui qui testimoniamo il Vangelo. Non si tratta di ridurre tutto al dialogo. È necessario, invece, vivere insieme, lavorare insieme, sentirsi sorelle e fratelli che condividono la stessa terra. Ciò che ci unisce è infinitamente più importante di ciò che ci divide. Ovviamente non nascondiamo il nostro essere cristiani: siamo qui per questo. Ma serve un ribaltamento di prospettiva. Non dobbiamo affermare il nostro Dio, ma mostrare con la vita il Dio in cui crediamo».
Lei ripete che la convivenza non è un’utopia. Quale lezione di pace dal Nord Africa?
«Non sono le differenze religiose che alimentano le tensioni. Anzi, possono favorire le soluzioni. Non siamo chiamati a convertirci a vicenda ma a creare insieme un clima di fiducia reciproca».
Quale influenza ha avuto su di lei il dono della vita di Mons. Pierre Claverie?
«Claverie è stato assassinato durante il mio primo anno di noviziato. Da subito ho percepito una singolare attrazione spirituale verso di lui. Poi, a distanza di alcuni anni, quando la Provincia domenicana ha voluto riaprire una nuova comunità in Algeria, ha inviato me e un confratello. E nel 2012 la Provvidenza ha voluto che diventassi vescovo di Orano, la diocesi di Claverie. Lui ripeteva: “Nessuno possiede la verità. Ognuno la ricerca e io ho bisogno della verità degli altri”. È la mia bussola nel rapporto con il mondo musulmano. E la mia fede si è rafforzata vivendo in un Paese islamico. Infatti la presenza di altre religioni ti allarga gli orizzonti perché ti rendi conto che Dio è ben più grande dei nostri incasellamenti. Inoltre è dall’assolutizzazione della propria visione di Dio che scaturiscono i fondamentalismi».
E a Orano ha vissuto la beatificazione dei 19 martiri d’Algeria. Sacerdoti, religiose e religiosi (fra cui i sette trappisti di Tibhirine e il vescovo Claverie) uccisi nel “decennio nero” del terrorismo islamico che dal 1991 al 2002 ha fatto 150mila vittime.
«Tibhirine è oggi un luogo che attrae migliaia di persone, compresi i musulmani. La beatificazione è stata un invito a “continuare a operare per il dialogo, la concordia e l’amicizia”, aveva scritto papa Francesco. Tutti i martiri avevano deciso di restare nonostante i pericoli negli anni tragici della crisi algerina durante i quali sono stati uccisi anche 119 imam. Desideravano stare accanto alla gente come segno di speranza. Perché la fede cristiana è un messaggio di speranza. La loro è una testimonianza di fedeltà al Vangelo che si è tradotta in vicinanza al popolo».
Successivamente alla visita di Mons. Jean Paul, la comunità NSA di Milano ha accolto Mons. Davide Carraro, nuovo Vescovo di Orano, a cui ha augurato una fruttuosa missione!
Queste visite fanno sentire ancora più vicina la Chiesa d’Algeria che vogliamo portare nella preghiera, affidandola ai 19 Martiti d’Algeria.
Vi invitiamo a leggere l’articolo sul numero natalizio di Apostolinsieme, dove parleremo di Algeria e di sr Marta Pettenazzo, in partenza per la missione proprio in questo paese.